IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2306 del 1987 proposto da My Mariella, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Carrozzo presso lo studio del quale in Lecce, via Campania n. 8, e' elettivamente domiciliata, contro il Ministero della pubblica istruzione, in persona del Ministro in carica, provveditore agli studi di Lecce, in persona del provveditore in carica, rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Lecce, per l'annullamento: del provvedimento del provveditore agli studi di Lecce n. 26999/C1 in data 8 luglio 1987; del diniego dell'amministrazione scolastica circa l'immissione in ruolo della ricorrente nella carriera esecutiva del personale non docente della scuola ex art. 41, quarto comma, della legge n. 270/1982; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 4 maggio 1989 la relazione del dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi, altresi' l'avv. Franco Carrozzo per il ricorrente e l'avv. dello Stato Giovanni Gustapane per l'amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O La ricorrente gia' esperta in servizio presso l'istituto professionale di Nardo' e immessa con riserva nei ruoli del personale non docente della scuola in seguito a sentenza di questo tribunale (n. 486/1983) appellata dall'amministrazione e annullata dal Consiglio di Stato, ha chiesto, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 249/1986, il riesame globale della propria posizione e la sua definitiva immissione in ruolo. Questa le e' stata negata con il provvedimento che ora impugna per i motivi di seguito riassunti. I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 della legge n. 270/1982. In quanto l'articolo stesso andrebbe interpretato nel senso che ai fini dell'immissione in ruolo degli esperti in servizio presso gli istituti professionali non dovrebbe aversi riguardo alla circostanza che abbiano insegnato discipline comprese o meno in classi di concorso, come un'interpretazione letterale del combinato disposto del primo e del quarto comma dell'art. 41 della legge n. 270/1982 potrebbe far credere. II) Illegittimita' dell'art. 41, quarto comma, della legge n. 270/1982 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. L'interpretazione del quarto comma dell'art. 41 della legge n. 270/1982, adottata dal provveditore agli studi condurrebbe alla incostituzionalita' della norma. Infatti, sarebbe del tutto irrazionale ammettere che possano essere assunti in ruolo solo gli esperti in materie riconducibili alle classi di concorso, cio' soprattutto ove le classi stesse siano state individuate successivamente all'inizio delle prestazioni lavorative. La nomina in ruolo verrebbe infatti cosi' rimessa, fra l'altro, alla sorte o all'arbitrio. L'amministrazione si e' costituita controdeducendo. Le parti hanno presentato memorie. La causa e' stata posta in decisione nell'udienza del 4 maggio 1989. D I R I T T O In primo luogo il Collegio esamina l'eccezione di inammissibilita' del ricorso sollevata dall'avvocatura dello Stato. Essa si basa sul rilievo della natura non provvedimentale, cioe' meramente confermativa, dell'atto impugnato rispetto al precedente provvedimento in data 20 dicembre 1982 con il quale il provveditore agli studi di Lecce aveva negato alla odierna ricorrente l'immissione nel ruolo della carriera esecutiva del personale non docente della scuola, ai sensi del quarto comma dell'art. 41 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Ebbene, il collegio reputa invece che il provvedimento di cui si tratta abbia natura provvedimentale e non meramente confermativa, poiche' si fonda su di un completo riesame della situazione della ricorrente, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 249/1986. Difatti, dal provvedimento stesso si evince chiaramente che l'amministrazione ha proceduto alla valutazione della possibilita' di applicare i principi recati dalla suddetta sentenza al caso qui in esame ed ha altresi' operato una nuova, autonoma, valutazione di tutta la vicenda tenendo anche conto (cosi' operando una nuova valutazione discrezionale) di un elemento del tutto diverso da quelli sottopostigli con l'istanza in data 30 giugno 1987, cui il provvedimento impugnato si riferisce, elemento costituito dalla circostanza che non fosse ancora emanato il provvedimento ministeriale di adeguamento alla citata sentenza. Il fatto che l'amministrazione giunga nel provvedimento qui in esame a conclusioni identiche a quelle cui era pervenuta nel precedente provvedimento in data 20 dicembre 1982 non incide sulla autonomia del secondo atto, autonomia che si evince dal fatto che lo stesso e' stato emanato, come sopra dimostrato, in base ad una nuova valutazione dei fatti, alla luce di nuovi elementi. Per tali considerazioni il collegio perviene al convincimento che l'eccezione di inammissibilita' vada respinta e che il ricorso possa essere giudicato nel merito. A tal fine si ritiene proficuo esaminare per prima l'eccezione di incostituzionalita' del quarto comma dell'art. 41 della legge 20 maggio 1982, n. 270, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Al riguardo il collegio ritiene, in primo luogo, che la questione di costituzionalita' della cennata norma sia rilevante ai fini della definizione del presente giudizio. Invero, il motivo per cui viene denegata alla ricorrente l'immissione in ruolo e' costituito proprio dal disposto della ripetuta norma. Questa infatti, consente, secondo l'interpretazione dell'amministrazione confortata dal Consiglio di Stato; (cfr. C.S. VI n. 504/87 con la quale e' stata annullata la sentenza di questo tribunale n. 483/83), l'immissione in ruolo solo di coloro, fra gli esperti negli isstituti tecnici e professionali privi del titolo di studio valido per il conseguimento di una abilitazione all'insegnamento, che abbiano insegnato una materia ricondotta in classi di concorso. Cio' posto il collegio reputa la questione di costituzionalita' sottopostagli non manifestatamente infondata invero la citata disposizione si profila incostituzionale sia perche' contrastante con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sia perche' irragionevole. Cio' per le seguenti ragioni. L'art. 41 della legge 270/1982 prende in considerazione, ai fini della loro immissione nei ruoli organici dell'Amministrazione della Scuola, gli esperti negli Istituti Tecnici e Professionali e detta diversa modalita' per la loro immissione in ruolo a seconda dei titoli da essi posseduti. In particolare, razionalizzando l'infelice formulazione della norma in esame si nota che la stessa considera: a) gli esperti abilitati all'insegnamento, docenti di materia, ricompresa in classi di concorso, per la quale siano abilitati (primo comma) e ne dispone l'immissione in ruolo; b) gli esperti abilitati all'insegnamento, docenti di materia ricompresa in classi di concorso ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 22 febbraio 1979 o di precedenti disposizioni, per la quale non siano abilitati (secondo comma), e ne dispone l'immissione in ruolo; c) esperti abilitati all'insegnamento, docenti di materia non ricompresa in classi di concorso (secondo comma) e ne dispone l'immissione in ruolo; d) esperti non abilitati all'insegnamento, docenti di materie tanto ricomprese quanto non ricomprese in classi di concorso, in possesso di titolo di studio valido per conseguire l'abilitazione all'insegnamento in una qualsiasi materia (terzo comma) e ne dispone l'immissione in ruolo; e) esperti non abilitati all'insegnamento, privi di titolo di studio idoneo ad ottenere un'abilitazione all'insegnamento e ne dispone l'immissione nei ruoli delle carriere amministrative solo se siano docenti di materie ricomprese in classi di concorso (quarto comma). Ebbene, solo in tale ultima ipotesi e' considerata discriminante, ai fini dell'immissione in ruolo, la circostanza che la materia insegnata sia stata o meno ricompresa in classi di concorso. Tale circostanza, infatti, non rileva per i docenti abilitati o in possesso solo di titolo di studio richiesto per il conseguimento dell'abilitazione. Cio' esclude la possibilita' di ritenere che l'essere o meno una disciplina ricompresa in classi di concorso abbia una rilevanza ontologica tale da incidere sulla qualita' della prestazione dell'insegnante e di conseguenza sulla idoneita' dello stesso ad essere immesso in ruolo. Se cosi' fosse, infatti, avrebbe dovuto essere discriminati, anche i docenti di materie non ricomprese in classi di concorso abilitati oppure in possesso del titolo di studio richiesto per il conseguimento dell'abilitazione, rispetto ai loro colleghi, pure abilitati o in possesso del citato titolo di studio, docenti di materie ricomprese in classi di concorso. Il che, giustamente, non e' avvenuto. Non e' dato dunque rinvenire una razionale spiegazione della discriminazione operata in danno solo di quei docenti di materie non ricomprese in classi di concorso i quali non siano in possesso di titolo di studio valido per il conseguimento di una abilitazione all'insegnamento. Tale discriminazione appare poi piu' irrazionale ove si consideri che per i docenti non in possesso del ripetuto titolo di studio (ma che abbiano insegnato materie ricomprese in classi di concorso) si dispone l'immissione non nei ruoli del personale docente, ma in quello del personale non docente. Infatti, l'irrazionalita' persistente anche ove si volesse rinvenire un arcano motivo, che sfugge a questo giudice, per il quale il legislatore, nella sola ipotesi, si badi bene, di docenti privi del citato titolo di studio, abbia potuto ritenere che l'essere o meno la materia insegnata ricompresa in classi di concorso, potesse influire nella natura e sulla qualita' della materia stessa e, di riflesso, sulla natura e sulla qualita' della prestazione svolta dal docente cosi' che la materia "ricompresa" potesse considerarsi piu' qualificata della "non ricompresa" e, quindi, tale da giustificare l'immissione in questione di chi l'avesse insegnata. Orbene, nella ora formulata ipotesi, la quale, si sottolinea, si fonda sulla esistenza, ammessa in via meramente ipotetica, del suddetto arcano motivo, la denunciata illogicita' permarrebbe poiche' ci si troverebbe di fronte ad una discriminazione fondata sulla "qualita'" della materia oggetto di insegnamento, mentre l'immissione in ruolo dei docenti privi del menzionato titolo di studio e' finalizzata ad affidare agli stessi attivita' di tipo tecnico-amministrativo, deel tutto svincolate dalla funzione didattica, attivita' rispetto alle quali e' evidentemente ininfluente la supposta migliore qualificazione dei docenti di materie ricomprese in classi di concorso rinveniente dalla pure supposta superiore "qualita'" delle materie stesse. Tanto considerato, il collegio osserva poi che, anche dove si voglia stimare non irragionevole la norma di cui si tratta, questa viola comunque il principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione. Cio' in quanto un identico fatto (la circostanza che la materia insegnata sia ricompresa in classi di concorso) e' considerata come discriminante, coeteris paribus, ai fini dell'attribuzione di un beneficio (l'immissione in ruolo), soltanto per gli appartenenti ad uno solo dei diversi sottogruppi (quello degli esperti privi del titolo di studio valido per il conseguimento di un'abilitazione) in cui si divide un piu' ampio gruppo formato da soggetti individuati per aver svolto tutti un'identica funzione (quella di esperto presso gli istituti tecnici e profesionali). In piu', la ripetuta norma appare contraria anche al principio del buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione. Il precetto in rassegna, invero, priva l'amministrazione della possibilita' di avvalersi dell'opera di elementi gia' specificamente qualificati (gli esperti docenti di materie non ricomprese in classi di concorso privi di titolo di studio valido per il conseguimento di un'abilitazione all'insegnamento). Infatti detti elementi sono in possesso di specifiche conoscenze del mondo della scuola, identiche (in quanto acquisite in seguito ad identica esperienza) a quelle possedute da altri elementi (gli esperti pure privi del suddetto titolo di studio, ma docenti di materie ricomprese in classi di concorso) che proprio in virtu' di quelle conoscenze vengono immessi nei ruoli del personale scolastico non docente. E' dato infatti ritenere che il legislatore abbia stimato che la frequentazione dell'ambiente scolastico da parte degli esperti privi del richiesto titolo di studio, abbia fatto acquisire esperienze utilizzabili immediatamente per lo svolgimento di mansioni amministrative e tecniche (per il cui espletamento viene disposta l'immissione in ruolo). Diversamente opinando infatti, non si giustificherebbe l'immissione in ruolo per lo svolgimento di quelle mansioni, non potendo ritenersi allo scopo sufficiente la sola esigenza (pur primaria nelle intenzioni della legge n. 207/1987) di definire posizioni di lavoro incerte. Per tutte le considerazioni sin qui esposte il collegio giunge al convincimento che il presente giudizio debba essere sospeso e che sia da sottoporsi alla Corte costituzionale la questione della legittimita' costituzionale del quarto comma dell'art. 41 della legge n. 290/1982, nei termini sopra prospettati.